Febbraio 2nd, 2022 by Vittorio De Vito_inplatea
La storia del Teatro Nuovo risale ai primi anni del Settecento, quando fu costruito il Teatro dei Fiorentini, che, pur essendo sede del Teatro della Commedia Spagnola, iniziò a rappresentare anche gli spettacoli in musica. Il successo fu grande e si comprese la necessità di aprire nuovi teatri da destinare a questo genere.
Fu così la volta nel 1724 del Teatro La Pace e del Teatro Nuovo. Il primo ebbe vita breve, il secondo maggior fortuna e molti anni di attività.
Fu costruito per volontà degli impresari Giacomo De Laurentiis e Angelo Casale. Il progetto fu elaborato da Domenico Antonio Vaccaro, figlio dello scultore Lorenzo che nel progettare diede prova di abilità straordinaria, perché lo spazio disponibile nella strada era pochissimo e la nuova costruzione doveva prendere il posto di un giardinetto. Il risultato fu mirabile;non ci sono giunte stampe, progetti o piante, eccetto la “Pianta del Teatro Nuovo di Napoli” del volume Teatri d’Italia dell’architetto Cosimo Morelli, stampato a Roma nel 1780.
Sul suo palcoscenico recitarono sin dai primi anni pure le compagnie di prosa, anche se è agli spettacoli di opera giocosa che il Teatro di Montecalvario legò la sua fama perché in quello spazio sembrava essere perfettamente collocata e le celebri compagnie di prosa lo elessero a loro palcoscenico preferito.
Girolamo Medebac, grande sostenitore della riforma goldoniana, vi recitò nel 1734 e nell’anno successivo, impegnandosi “a dare tre vedute: una di città, una di bosco, una di camera” e a non recitare in alcun altro Teatro.
Nel 1738 l’impresario Domenico Catini fu autorizzato a formare al Teatro Nuovo una compagnia di prosa napoletana ed una toscana, alternandone il repertorio di sera in sera.
Nel 1759 la Giunta dei Teatri Stabili autorizzò il Nuovo, come il Fiorentini, a rappresentare un suo repertorio di prosa, che doveva prevedere in cartellone non più di quattro commedie all’anno ” da eseguirsi ciascuna due volte per settimana.”
Giunsero a Napoli anche le prime compagnie straniere: nel 1775 vi fu una formazione francese che fece però pessimi affari nella celebre sala teatrale, mentre un’altra arrivò una decina di anni dopo, quando era impresario Don Felice Di Sangro dei Principi di San Severo.
Il Nuovo fu distrutto da un incendio la sera del 1861. L’architetto Ulisse Rizzi ne rifece le strutture e il Teatro riprese a vivere, anche se apparve subito chiaro che non avrebbe avuto lo stesso prestigio; Dopo una ventina d’anni il Nuovo riscoprì la sua gran vena, la sua funzione di sala amata dal pubblico e dai capocomici: ristrutturato in parte e reso chiaro e luminoso dal restauro, divenne uno dei teatri dove era possibile rappresentare con successo il meglio della prosa dialettale.
Nel suo cartellone, in tutti i mesi dell’anno, furono inseriti due spettacoli al giorno, uno alle 18.45 e uno alle 21.45. Quello pomeridiano (detto diurno o familiare) aveva biglietti di costo più contenuto di quello serale. Vi recitarono gli attori della celebre scuola del Sancarlino e il pubblico accorse da ogni parte d’Italia.
Nel 1888, anno memorabile per il teatro napoletano in genere e per il Nuovo in particolare, si trasferirono in città Gennaro Pantalena e i comici della sua compagnia, fino ad allora indiscussi signori della Fenice.
Al Nuovo in quell’anno misero in scena ‘0 voto di Salvatore Di Giacomo e Goffredo Cognetti, dando vita al Teatro d’Arte e formando il primo tentativo di Compagnia stabile fortemente intenzionata a superare i limiti delle maschere a vantaggio degli approfondimenti psicologici e d’ambiente, ritenuti indispensabili per far nascere e crescere un teatro più moderno.
Legarono il loro nome alla fortuna del Teatro tantissimi attori di successo come Marietta Del Giudice, Alfredo Crispo, Luigi Galloro e soprattutto Gennaro Pantalena, che a lungo recitò al Nuovo lasciando poi il suo posto a Gennaro Di Napoli, attore capace di passare dalle parti comiche a quelle drammatiche e figlio del più famoso Raffaele della Compagnia del Sancarlino.
In quegli anni guidava il Nuovo l’impresario Don Pasquale Molinari che si assicurò, con abilissima mossa culturale e commerciale, l’esclusiva delle rappresentazioni delle ottanta commedie di Eduardo Scarpetta: scelta felice e acuta, che portò in Teatro un pubblico curioso e nuovo.
Fu su questo palcoscenico che crebbe e si rafforzò il nome del giovane Raffaele Viviani, che qui incominciò a misurare la sua straordinaria capacità di affascinare il pubblico con i suoi gesti e con la sua mimica facciale.
E fu proprio al Nuovo che dopo la grande crisi, seguita all’entrata in guerra del 1914, morto Molinari e succedutogli come impresario Eugenio Aulicino, debuttarono Maria Dolini, Bianchina De Crescenzo, Titina De Filippo, Mariella Gioia, le sorelle Crispo, Ida Bottone, Anna Pezzullo.
Furono allora rappresentate le riduzioni di Riccora e di Rescigno e Scarpetta, ancora una volta, per mille lire al mese “più un palco di seconda fila a disposizione … in ogni rappresentazione” rese disponibile il suo repertorio per la gioia del pubblico del Nuovo.
Si affermò in quegli anni il nome di Mariella Gioia, figlia della famosa attrice della Compagnia di Scarpetta Teresina Cappelli: giovane, brava e bella furoreggiò in Babilonia di Rambaldo, messa in scena nel 1912 dalla compagnia di Vincenzo Scarpetta, sotto la direzione di Eduardo Scarpetta;Si affermò pure il nome di Anna Pezzullo, per anni chiamata ad impersonare ” l’Italia ” avvolta nella bandiera tricolore, con i capelli sciolti sulle spalle, il bustino dorato, la corona turrita sul capo, la spada e il grande scudo tra le mani.
Numerosissime, dunque, le tappe memorabili del piccolo Teatro dei Quartieri Spagnoli, tra le quali non sfugge quella del settembre del 1929, quando andò in scena, nelle vesti di Caio Silio, un giovane comico di successo: Totò. Per lui quell’anno fu messa in scena Messalina, cui seguirono I tre Moschettieri, Bacco, tabacco e Venere e l’anno successivo Santarellina, ‘0 balcone ‘e Rusinella di Scarpetta e Amore e cinema di Carlo Mauro.
Poi Totò andò via dal Nuovo e da Napoli e il Teatro ebbe nuovi, grandi protagonisti su cui investire.
Nel giugno del 1930 giunsero sul suo palcoscenico i fratelli De Filippo. Eduardo, Peppino e Titina, accompagnati dalla fantasia di Agostino Salvietti, furono gli applauditissimi interpreti di Pulcinella principe in sogno, rivista in cui spiccava il bellissimo atto unico: Sik-Sik l’artefice magico riproposto da Eduardo sempre con straordinario successo fino all’ultima messa in scena del 1979 al Teatro San Ferdinando; Fu un incontro felice quello tra i De Filippo e il Teatro Nuovo: su quel palcoscenico videro la luce invenzioni rimaste poi solidamente presenti nella memoria del pubblico e nel teatro a venire; il Nuovo fu una preziosa palestra, un laboratorio da cui scaturirono sketch strepitosi per più di un anno.
Dal 1985, grazie all’entusiasmo di Angelo Montella e Igina Di Napoli che allora rilevarono la piccola sala di Montecalvario, il Nuovo vede crescere intorno a sé l’entusiasmo e il consenso di un pubblico giovane, di autori nuovi, di attori e registi legati da una grande passione e dal sogno di poter rinnovare ancora una volta il linguaggio teatrale napoletano.
Il Teatro Nuovo è riconosciuto oggi come uno dei luoghi storici del teatro di sperimentazione in Italia. Infatti, sono numerosi gli autori, i registi, le compagnie e gli interpreti che attraverso allestimenti significativi hanno disegnato, nella sala di via Montecalvario, una mappa esaustiva del teatro di ricerca e di sperimentazione italiano ed internazionale.
Ha legato il suo nome al Teatro Nuovo, la cooperativa “Il Carro” fondata e diretta dal grande ed indimenticabile Annibale Ruccello, che qui ha presentato molti dei suoi lavori, come Le cinque rose di Jennifer, L’ereditiera e Week End.
L’immagine del Teatro Nuovo si lega anche al maggiore rappresentante dell’avanguardia teatrale italiana, Leo De Berardinis, che ha svolto un ruolo fondamentale nella storia di questo teatro.
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