Il testo di Friedrich Dürrenmat del 1956 è un focus illuminato sul concetto di verità. La verità oggettiva e quella processuale troppo spesso non coincidono. Basti pensare che, ad esempio, il pubblico ministero, che pure è un giudice, individuati i capi di imputazione, non cerca, nell’ordinamento giuridico italiano la verità oggettiva, bensì si da da fare come inquirente per far condannare l’imputato. Decide di usare o non usare prove in funzione del perseguimento della condanna richiesta e non già ricercando la verità oggettiva anche a scapito della sua dipartita processuale. Il testo è in se, per un giurista come per un appassionato di giustizia civile, uno sputo di riflessione immenso. Un agente di commercio Alfredo Tapas ha il veicolo in panne e riceve ospitalità nella casa di un ex magistrato, che la sera si diletta con vecchi colleghi di lavori, anch’egli in pensione, a mettere in scena un siparietto domestico che riproduce un processo. Orbene il giovane Tapas sarà processato, per finta, incalzato dall’attività dell’ inquirente tanto da essere condannato (sempre per finta), dal verosimile tribunale. Solo che alla finta condanna seguirà una vera reazione. Tapas sarà rinvenuto l’indomani mattina morto impiccato ad una finestra della camera che gli era stata gentilmente offerta. Allo spettatore trarre le sue conclusioni, si è ammazzato? Chissà potrebbe averlo ucciso anche uno dei presenti, convinto che la finta condanna a morte fosse verosimile? La sostanza non cambia, in entrambi i casi la pressione psicologica ha trasformato un gioco, il fasullo processo del farlocco omicidio nella condizione necessaria e sufficiente a dar luogo ad un suicidio, o forse a un omicidio, decidetelo voi. Di sicuro c’è insomma una vita ch’ è stata spezzata.
Alla produzione del Teatro Stabile di Napoli e del Teatro Nazionale va riconosciuto il merito di indurre lo spettatore a riflessioni ovvie quanto cadute nel dimenticatoio! Il tutto avviene in un clima conviviale e comico che è stato ricreato con brillantezza. Capace di portare un messaggio tragico! Ci viene in mente il vecchio Seneca, il quale rifiutava di sfuggire alla condanna a morte che gli era stata comminata ingiustamente, per rimanere coerente con il principio che la legge va rispettata, anche quando è in errore! La scenografia molto suggestiva appare come slacciata dallo spettacolo e Nando Paone che ci ha abituato a performance giganti un leone in gabbia.
iNPlatea_Vittorio de Vito
di Friedrich Dürrenmatt
adattamento e regia Alessandro Maggi
con Nando Paone, Vittorio Ciorcalo, Patrizia di Martino, Stefano Jotti, Alberto Fasoli, Giacinto Palmarini
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
disegno luci Gigi Saccomandi