19 maggio 1793 Coletta Esposito, una giovane popolana di via Portamedina, uccide la figlia di pochi mesi e getta il corpicino esanime sul sagrato della chiesa dove si stanno celebrando le nozze dell’uomo che aveva promesso di sposare lei, e non quella donna vestita di bianco che stringe sottobraccio. Coletta Esposito, poco più di vent’anni, assurge agli onori della cronaca. Il suo delitto terribile richiama alla tragedia greca. La popolana dal nome oscuro viene ribattezzata la Medea di Portamedina. E in quel soprannome la banalità del male acquista un accento epico.
Coletta Esposito, nell’immaginario del popolo napoletano, cessa di essere una donna per trasformarsi in una fiera snaturata. Non può esserci comprensione, compassione per un delitto che è un insulto all’amor materno. Calpestare il più sacro e intoccabile dei sentimenti, imponeva una condanna esemplare: non solo lo “strascinamento” e la decapitazione, ma l’ignominia nei secoli dei secoli.
Così doveva essere e così è stato. I vicoli oscuri del dolore, del disincanto, delle illusioni tradite che avevano condotto Coletta Esposito fino alla piazza in cui era stato allestito il suo patibolo, nessuno ha voluto provare a percorrerli, nemmeno con l’immaginazione.
I suoi vent’anni, massacrati da un destino spietato, scomparivano davanti al corpicino di una neonata soffocata dalle mani di chi l’aveva portata in grembo.
E’ dalla riprovazione collettiva, dall’indignazione che cancella la pietà, che ha preso le mosse il nostro lavoro.
La scrittura teatrale della tragedia di Portamedina nasce come reazione ad una domanda urticante: quante donne sottoposte allo strazio di una vita fatta di tribolazioni inimmaginabili avrebbero potuto trasformarsi in Medee?
Non abbiamo provato a dare risposte, non esistono risposte per la disperazione che nasce dal sangue e si nutre di sangue. Esistono solo domande dolorose, strazianti che restano sospese sulla soglia dell’orrore e della compassione.
di Francesco Mastriani
con Rosaria De Cicco, Marianita Carfora, Giuseppe Gavazzi, Peppe Romano, Alfredo Mundo, Gennaro Monti, Sonia De Rosa, Paolo Rivera
con la partecipazione di Rita Ingegno, Martina Grimaldi, Flora Del Prete, Riccardo Maio
disegno luci a cura di Sebastiano Cautiero
costumi di Annalisa Ciaramella.
drammaturgia e regia di Annamaria Russo.