Una produzione ProgettoGoldstein in co-produzione con VuccirìaTeatro
La compagnia teatrale indipendente “Vucciria Teatro” porta in scena, al Piccolo Bellini, Immacolata Concezione. Ambientata nella Sicilia degli Anni ’40, la pièce ha per protagonista Concetta, una ragazza ingenua e un po’ “babba” che viene scambiata dal padre pastore con una capra. << Pigghiativilla a me figghia… >> ripete disperatamente il padre di Concetta. Concetta diventa, così, una delle ‘signorine’ di Donna Anna e va a vivere nel suo bordello. Ella impara subito a memoria le Sette Regole del bordello e fa tesoro del consiglio della sua padrona << Non ci pistare i pedi a nuddu! >>. La pièce è un continuo di quadri metaforici: all’inizio Concetta appare in scena nuda e con al collo un campanaccio e, al momento dello scambio con Donna Anna, ella viene lavata e vestita da quegli stessi pecorari che se la portavano dietro. Da capra è diventata donna. Non c’è tempo definito e non ci sono spazi; in scena semplicemente un gazebo esagonale con tende mobili che, alla bisogna, vengono chiuse per simulare privacy e cambio di location. Allo stesso modo, gli attori in scena (solo cinque), si alternano nell’interpretazione di vari ruoli e si aiutano nel creare la folla di clienti con dei manichini da loro mossi e sospinti. Le maitresse in vestaglia e ventaglio che, a ritmo di musica deridono Concetta e i clienti di concetta (il barbiere, il fruttivendolo, l’operaio) che fanno “schioccare” in aria un quotidiano e, anche loro a ritmo di musica, commentano le notizie sulla guerra imminente, danno una sferzata di vitalità ad una prima parte di spettacolo che risulta un po’ lenta e dispersiva, nonostante l’intera storia si riesca ad afferrare fin da subito. I personaggi principali appaiono molto ben caratterizzati: c’è Don Saro il boss, Turi il suo braccio destro, Donna Anna che nasconde un passato doloroso legato a doppio filo con quello di Don Saro, il prete e i vari clienti di Concetta. Sì, perché da subito Concetta diviene la preferita di tutti; ogni uomo giovane o vecchio, libero o sposato vuole “fare l’amore” con lei. Ma Concetta non sa come si fa l’amore. Per lei fare l’amore significa consolare un uomo sul suo petto mentre piange, ascoltare una storia, giocare o cospargersi di succo di mandarino e farsi annusare. Concetta vive in un bordello, ma è vergine e lo resterà fino alla festa del paese, quando verrà deflorata da Turi. Concetta e Turi si amano, lei quando sta vicino a lui sente brividi e calore e di lui resterà incinta. Ma quel bambino non può nascere, quel bambino che agli occhi di tutto il
paese è << U figghiu i tutti e u figghiu i nuddu >>. Donna Anna, che in passato ha dovuto rinunciare a suo figlio, decide di aiutarla e le concede la libertà. Inizia così una nuova vita per Concetta, che terminerà con la nascita di suo figlio. Concetta, infatti, muore di parto.
La ritroviamo in veste di fantasma, sorridente e non più “babba”; la sua stupida risata ha lasciato il posto a un sorriso da donna consapevole di essere stata mandata sulla terra con uno scopo, quello di regalare speranza e amore a chi li ha perduti. << … E mi ficiru santa… Senza speranza iu cca nun ci arrestu. Ci vogghio insegnari l’ammuri, chiddu ca sacciu fare io. Senza speranza l’ammuri un ci può restare!>> La guerra sta arrivando anche da loro; gli uomini, gli stessi che credevano esserne immuni, si ritrovano, come capre, a raccattare in un angolo le briciole di pane e di dignità che quel conflitto gli lascia quando passa. Hanno perso speranza e amore e l’unica cosa che gli è rimasta da fare è seguire la massa come tante capre senza cervello. Concetta ci ha provato a farli cambiare; Concetta che era un cuore puro e che rideva e non sapeva nulla della vita: forse la povera Concetta si è trovata a vivere nel posto sbagliato al momento sbagliato; forse, se fosse vissuta oggi le cose sarebbero cambiate. Forse, o forse no.
… E MI FICIRU SANTA!
Marianna Addesso iNPlatea
scritto e diretto da Joele Anastasi
con Federica CarrubaToscano, Alessandro Lui, Enrico Sortino, Joele Anastasi, Ivano Picciallo
da un’idea di Federica Carruba Toscano