Un caso di cronaca: il primo rapimento di un minore finito tragicamente. Viareggio, fine Gennaio 1969: la ‘strategia della tensione’ è ancora a qualche mese dall’avere ufficialmente inizio. Ermanno Lavorini ha 12 anni ed esce già da solo inforcando la sua biciclettina Super Aquila rossa. Ma un pomeriggio, da quel giro in bicicletta, non torna più. Primo evento mediatico in assoluto in Italia, il caso-Lavorini fu sulla bocca di tutti, tutti si sentirono genitori, fratellini o sorelline del piccolo rapito. Poi, di lui, tutti si dimenticarono. Tutti. Per quali motivi? Di lì a poco, bombe, attentati, lotte ‘rivoluzionarie’ o ‘reazionarie’ avveleneranno il paese.
Il Bambino con la Bicicletta Rossanasce, a 50 anni esatti da allora, dall’intuizione di un giovane attore che affida alla penna di un drammaturgo la sua piccola ossessione, ricostruire cioè la vicenda, ormai dimenticata e sepolta nonostante il clamore enorme dell’epoca, e cercare di raccontarne i retroscena e il perché della sua scomparsa dalla memoria pubblica odierna. Quell’autore si è fatto a sua volta prendere da quella piccola ossessione, facendola propria, e ha immaginato non dei personaggi ma delle ‘voci’, nove voci da un rapimento, per l’esattezza. Quelle dei veri protagonisti di questa intricata vicenda. Ma le ha immaginate trasfigurate, ognuna con una sua specifica caratteristica in sede di scrittura, ognuna coniugata in uno stile diverso (in versi sciolti, in rima, per anafore, ecc.). Nove voci affidate tutte assieme al volto, al corpo e alla voce di quello stesso giovane attore ancora oggi alle prese con quella ossessione che, in scena, potrà finalmente cercare di domare e donare per raccontare quella che forse fu proprio l’infanzia delle stragi, come scrisse qualcuno in quegli anni, Cassandra inascoltata o forse volutamente trascurata. In fondo, l’Italia non continua ancora oggi ad essere il paese dei misteri irrisolti?