‘A ROTA


Dettaglio eventi


 

Una “esposta” ormai cresciuta e una Madonna un po’ maldestra e pasticciona: due donne, due mamme, a loro modo; sono Telluccia e Maria, ‘a maronna cu ‘e scarpe rotte, e sono loro le protagoniste di ‘A Rota, scritta e diretta da Ramona Tripodi.

Siamo a Napoli nel giugno del 1946, il Referendum che porterà alla fine della monarchia è al conteggio definitivo e Telluccia, che abbandonata da piccola nella ruota degli esposti dell’Annunziata, come molti altri bambini, è ormai cresciuta, non ha mai abbandonato quella che ritiene la sua casa. Telluccia, due guerre vissute, ha votato per la prima volta (era la prima volta al voto per le donne) ed è speranzosa che un cambiamento ci sarà e darà alla città e all’Italia intera nuove speranze di ricostruzione. La ritorviamo intenta a cantare la ninna nanna ai bimbi più piccoli, a quelli che diverranno suoi fratelli e che porteranno il suo stesso cognome: Esposito. Telluccia non vive sola nel brefotrofio: con lei molte cape ‘e pezza, la Madonna, Sant’Anna e Gesù Cristo, con i quali intrattiene un dialogo giornaliero fatto di consigli e anche di simpatiche prese in giro (perché il napoletano, coi santi, ci scherza). La Madonna, però, le crea non pochi problemi. Essendo un po’ pazzerella, amante del bel canto e del tango, la notte se ne va in giro a consumare le scarpe, rischiando sempre di farsi riconoscere dalla gente, che più di una volta è tentata di gridare al miracolo. Anche quella notte Maria ha fatto la sua passeggiata notturna e inciampando qui e là col velo e col mantello, ha lasciato la cappella tutta sott e ‘ngoppa. Il dialogo tra le due donne, all’alba di quello che sarà un giorno importante per Napoli, è un botta e risposta divertente e mai scontato; un dialogo in cui emergono sentimenti e paure di chi in un certo senso si è voluta nascondere al mondo esterno per paura di essere nuovamente abbandonata. La figura di Telluccia ci appare dura e autoritaria, in realtà ella è fragile e spaventata e quel piroscafo che è salpato per le Americhe, non lo ha mai voluto prendere, lasciando partire Rosaria, il suo amore, da sola. I rimandi al contemporaneo, all’amore universale che dalla Chiesa “ufficiale” è ancora inviso, ma che risulta naturale nelle parole di conforto di chi ci ha insegnato ad “amare il prossimo tuo”,  sono accenti delicati, parentesi “serie” in una cornice leggera, ma che leggera non è affatto. La Madonna ha un motivo per uscire tutte le sere: va di casa in casa a sincerarsi che ogni bambino adottato stia bene e sia trattato bene! Il suo essere Madre di tutte le creature è un sentimento dolce e sentito che ben si sposa con l’essere madre di Telluccia, che madre non è, ma che si è presa a cuore la sorte di tutti gli orfanelli che hanno avuto la sfortuna di provare la mancanza di amore ancor prima di nascere. Se inseriamo tutto questo in un contesto storico particolare, un contesto in cui sanghe porta altro sanghe!, ne vien fuori una pièce ben scritta, ben interpretata e che lascia al pubblico un sorriso e una riflessione amara, come spesso accade nel Teatro, quello vero.

Il finale tragico lascia comunque una speranza: non saremo mai veramente soli; ci sarà sempre una “Mamma” che ci sosterrà e ci farà superare indenni le brutture della vita, che ci abbia partorito o meno.

Marianna Addesso_iNPlatea

 

con Marianita Carfora Ramona Tripodi

Disegno luci Sebastiano Cautiero
Disegno suono Andrea Canova
Aiuto Regia Adriana D’Agostino
Testo e Regia Ramona Tripodi

Settembre 13th, 2018 by